Heatherwick, Zeitz in un silo a Città del Capo | Abitare

2022-08-12 11:10:02 By : Ms. Jessie Zeng

Se sapessero a Foggia, un tempo il “granaio d’Italia”, cosa si riesce a fare nel mondo con i vecchi silos abbandonati, forse si rimboccherebbero le maniche e – superando polemiche pluriennali – trasformerebbero finalmente quello che fu il più grande silo d’Europa in un edificio multifunzionale destinato a diventare per le sue dimensioni un importante landmark del Mezzogiorno. Con una cubatura di 25mila metri e un’altezza di sette piani questo magazzino novecentesco in disuso da quasi quarant’anni giace inerte alla periferia del capoluogo pugliese. A Roma invece l’ex pastificio Pantanella con silo e fabbrica, progettato nel 1937 da Pietro Aschieri e dismesso negli anni Novanta, grazie all’intervento dell’architetto Bruno Moauro è diventato nel 2001 un complesso residenziale con decine di appartamenti.

Forse incoraggiato dall’esempio del Gemini Residence nel vecchio porto di Copenaghen – due ex silos per la soia convertiti in abitazioni nel 2005 con una rivoluzionario progetto di MVRDV – lo studio londinese di Thomas Heatherwick ha appena realizzato a Città del Capo il Museo Zeitz di Arte Contemporanea Africana. Ricavato in un imponente magazzino di cereali dismesso dagli anni Novanta, l’edificio fa perno su 42 snelli e altissimi silos di cemento tra loro aggregati. Sembra un destino quello dello studio di Londra: nel 2010 divenne famoso per l’onirico padiglione inglese all’Expo di Shanghai, un cubo dagli angoli smussati composto di migliaia di sottili bracci di fibra che portavano ciascuno un seme nell’estremità. E ora torna nel campo delle sementi per trasformare vecchi magazzini in un edificio museale.

Thomas Heatherwick, Zeitz Museum (MOCAA), Cape Town, South Africa Ricavato in un imponente magazzino di cereali dismesso dagli anni Novanta, l’edificio è sostenuto da 42 silos di cemento snelli e altissimi.

Nove piani, 9500 metri quadrati, il museo ha al centro un atrio enorme, ricavato da un “taglio” trasversale di alcuni silos che evoca le volte di una cattedrale gotica e può ricordare perfino la Sagrada Família di Gaudí a Barcellona. Oltre a seimila metri quadrati di spazi espositivi, l’edificio rifunzionalizzato comprende depositi artistici, una libreria, un ristorante, il bar e una sala di lettura oltre a laboratori per produrre performance, fotografia, corsi di formazione artistica. L’operazione di riutilizzo di un importante esempio di archeologia industriale è costata circa 33 milioni di euro nell’ambito dello sviluppo di un’area di 123 ettari in cui l’immobiliare V&A Waterfront ha da anni realizzato strutture portuali, commerciali, per la residenza e il tempo libero che attirano fiumi di visitatori e turisti. Per completare il “dono all’Africa” fatto dalla società, il ricchissimo uomo d’affari Jochen Zeitz ha messo a disposizione di questa iniziativa no profit la propria collezione d’arte africana, una delle più importanti al mondo, avviata quindici anni fa. Il Mocaa è diventato così il più grande museo d’arte contemporanea del continente. L’aspetto esterno dell’edificio oltre che dagli ex silos è caratterizzato dai prismi di cristallo che rivestono le facciate: durante il giorno danno luce agli interni e di notte trasformano l’edificio in una sorta di faro, con un effetto simile a quello pensato da Zaha Hadid per l’Autorità portuale di Anversa . «È stato bello poter ridare vita a una struttura abbandonata da anni per mettervi in mostra una delle più incredibili collezioni di arte africana», afferma Heatherwick. «La sfida maggiore è stata ricavare gli spazi espositivi dagli enormi cilindri di cemento che costituivano i silos senza compromettere il valore storico della struttura industriale».

L’idea di chiamare a nuove funzioni stabilimenti industriali in disuso è ormai diffusa dal 2000, quando Herzog & de Meuron crearono la Tate Modern Gallery di Londra in un’ex centrale elettrica sulla riva sud del Tamigi. E quella del riutilizzo di vecchi silos abbandonati sembra quasi una fissazione per Copenaghen, che a dodici anni dal Gemini Residence di MVRDV ha visto lo studio locale Cobe realizzare da qualche mese The Silo nell’area di sviluppo a nord del porto. Su una superficie di un ettaro, in quattro anni, i developer Klaus Kastbjerg e Nre Denmark hanno convertito un vecchio magazzino per il grano in edificio residenziale di gran lusso con 38 appartamenti: balconi, soffitti alti anche sette metri, tagli abitativi dai 106 ai 401 metri quadrati, finestre talora a tutta parete, rifiniture di pregio.

COBE, The Silo, Copenhagen, Denmark La riconversione del silo fa parte di un’imponente trasformazione urbana nel porto settentrionale di Copenaghen, destinato a diventare un nuovo quartiere della città.

La struttura interna di cemento è stata conservata fino ai limiti del possibile, mentre in facciata per motivi estetici e funzionali è stato introdotto un vivace intreccio di vetro e acciaio. Alcuni appartamenti conservano volutamente la traccia del cemento grezzo del vecchio silo. Per mantenere vivo l’immobile giorno e notte, nell’attico è stato ricavato un ristorante con pareti di vetro e vista a 360 gradi sulla città, che ha anche la dichiarata funzione di faro portuale, come gli esempi di Anversa e Città del Capo. Al piano terreno invece ci sono ampi spazi polifunzionali, da utilizzare anche per eventi. «Volevamo conservare al massimo lo spirito del fabbricato originale, avvolgendolo semplicemente in una nuova pelle», spiega Dan Stubbergaard di studio Cobe. «L’idea è stata quella di adeguare l’edificio sia all’interno che all’esterno mantenendone però il potere iconico ed evocativo». Il fondatore dello studio, uno dei maggiori della Danimarca, non nasconde la propria soddisfazione per l’intera operazione di riuso funzionale attraverso l’architettura. «Rigenerando il patrimonio industriale abbandonato scopriamo nuove potenzialità nelle nostre città. E trasformiamo la nostra storia in un tesoro».

COBE, The Silo, Copenhagen, Denmark Negli appartamenti, che presentano altezze fino a sette metri e superfici dai 100 ai 400 metri, il cemento originale del silo è stato lasciato il più possibile a vista.

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